Paolo Virno: the philosopher of multitudes and hope

10.11.2025

Il 7 novembre 2025 si è spento Paolo Virno, all'età di 73 anni. Con lui se ne va uno dei pensatori più lucidi e radicali del nostro tempo, ma resta un'eredità intellettuale e umana che continua a parlare alle nuove generazioni, a chi cerca nel pensiero critico una bussola per orientarsi nel presente. Ci ha lasciati nel giorno dell'"assalto al cielo", come ha ricordato Mezzadra. Ma il suo pensiero continua a risuonare, a interpellare, a ispirare. È compito nostro raccoglierne l'eredità, farne carne viva nelle lotte, nei sogni, nelle pratiche quotidiane.
Perché, come lui ci ha insegnato, la filosofia è sempre una forma di speranza attiva.


Un pensiero nato dalla lotta

Nato a Napoli nel 1952, Paolo Virno è stato protagonista indiscusso delle stagioni più intense del pensiero e della militanza italiana. Militante di Potere Operaio, fu tra coloro che vissero il '68 e gli anni '70 non come una parentesi, ma come un laboratorio permanente di trasformazione. Arrestato nell'ambito dell'inchiesta del 7 aprile, fu assolto dopo anni di processi, senza mai rinnegare l'urgenza di un pensiero che sapesse farsi prassi.



La filosofia del linguaggio come critica del presente

Docente di Filosofia del linguaggio, semiotica ed etica all'Università di Roma Tre, Virno ha saputo coniugare rigore teorico e tensione politica. Nei suoi scritti – da Grammatica della moltitudine a Quando il verbo si fa carne – ha esplorato le trasformazioni del lavoro, della soggettività e del linguaggio nell'epoca postfordista. Per lui, la filosofia non era mai un esercizio accademico, ma uno strumento per comprendere e cambiare il mondo.


Sostanza di cose sperate

'Sostanza di cose sperate': dicevi così per dire comunismo, ha scritto Sandro Mezzadra nel suo commosso ricordo. In questa frase si condensa l'essenza del pensiero virniano: la capacità di tenere insieme il desiderio e la critica, la speranza e l'analisi, la vita quotidiana e la teoria. Paolo Virno non ha mai separato la filosofia dalla vita: cucinare una cena, costruire un'amicizia, insegnare in aula erano per lui gesti politici, atti di resistenza e di costruzione collettiva.

Un'eredità per il futuro

Il lascito di Paolo Virno è oggi più vivo che mai. In un mondo segnato dalla precarietà, dalla crisi ecologica e dalla frammentazione sociale, il suo pensiero offre strumenti per immaginare nuove forme di comunità, di lavoro, di linguaggio. Ai giovani che cercano alternative, che rifiutano il cinismo e la rassegnazione, Paolo parla con una voce limpida.


La moltitudine non è una massa amorfa, ma una potenza creativa, capace di inventare nuove istituzioni, nuovi modi di vivere insieme.

Paolo Virno ci ha lasciati nel giorno dell'"assalto al cielo", come ha ricordato Sandro Mezzadra, amico e professore di Filosofia politica all'Università di Bologna. Il suo pensiero continua a risuonare, a interpellare, a ispirare. È compito nostro raccoglierne l'eredità, farne carne viva nelle lotte, nei sogni, nelle pratiche quotidiane. Perché, come lui ci ha insegnato, la filosofia è sempre una forma di speranza attiva.



A ricordarlo anche la filosofa Judith Revel, filosofa esperta del pensiero di Michel Foucault, al quale ha consacrato numerosi libri e saggi, apparsi soprattutto in italiano e francese, in particolare su due assi specifici di interesse teorico: i rapporti tra filosofia del linguaggio e letteratura (al centro del pensiero foucaultiano soprattutto negli anni sessanta), e il passaggio dalla biopolitica al tema della soggettivazione, al centro dell'interesse di Foucault alla fine degli anni settanta, inizio anni ottanta.


Paolo era un immenso umano, dotato di una inverosimile generosità, di braccia anormalmente lunghe, di un eccezionale talento per raccontare le storie, e di un'intelligenza tanto strepitosa quanto gentile.


Paolo Virno: il filosofo che ha dato voce alla moltitudine

Nel cuore del pensiero politico contemporaneo, Paolo Virno ha lasciato un'impronta indelebile. La sua scomparsa il 7 novembre 2025 segna la fine di una presenza viva e inquieta, ma non la fine del suo pensiero, che continua a risuonare con forza tra chi cerca di comprendere e trasformare il presente.

Virno non è stato soltanto un filosofo: è stato un artigiano del linguaggio politico, un costruttore di concetti capaci di illuminare le trasformazioni radicali della società occidentale. Termini come moltitudine, intelligenza generale, sfera pubblica non statale, esodo, biopolitica, individuazione – oggi parte del lessico critico – portano la sua impronta. Non come etichette astratte, ma come strumenti per leggere il mondo, per agire in esso.

Nel suo libro Grammatica della moltitudine, divenuto un classico della cosiddetta Italian Theory, Virno ha saputo sintetizzare e divulgare un dibattito che ha attraversato le università, i movimenti, le pratiche sociali. Un pensiero che le accademie americane hanno guardato con ammirazione, ma che nasce da una traiettoria profondamente italiana: quella dell'autonomia, della critica al lavoro salariato, della ricerca di nuove forme di vita.

Paolo Virno ha mostrato come, nella crisi della modernità, la moltitudine – intesa non come massa indistinta, ma come insieme di soggetti singolari e cooperanti – possa prendere il posto del popolo, categoria ormai logora e incapace di cogliere la complessità del presente. La moltitudine è vitale, creativa, capace di inventare istituzioni non statali, di costruire una sfera pubblica fondata sulla cooperazione e sull'intelligenza condivisa.

Il suo pensiero è un invito a non accontentarsi, a non cedere alla nostalgia né al cinismo. È una chiamata alla speranza attiva, alla costruzione di un mondo in cui il linguaggio, il lavoro, la vita siano liberati dalla subordinazione e restituiti alla loro potenza generativa.

Oggi, più che mai, le nuove generazioni hanno bisogno di questo lascito. Di un pensiero che non si chiude nella torre d'avorio, ma che si sporca le mani con la realtà. Di una filosofia che non teme la politica, ma la abita con coraggio. Di parole che non servano a descrivere il mondo com'è, ma a immaginare quello che potrebbe essere.

Paolo Virno ci ha insegnato che la filosofia può essere una forma di militanza. Che il linguaggio è il nostro primo strumento di libertà. Che la moltitudine è già qui, e aspetta solo di essere riconosciuta.



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Not all artists seek to arrest the flow of time : some chase it like a wild animal, others pass through it like a raging river. Thomas Dhellemmes belongs to this second lineage: his photography is not an act of fixation, but of movement. He doesn't freeze the moment, he sends it fleeing. He doesn't preserve it, he...